I Guanci, o, in spagnolo, Guanche, sono, a quanto se ne sa, i primi abitanti delle isole Canarie.
Queste popolazioni, la cui origine è incerta (anche se si propende a definirla “protoberbera”) conducevano una vita che pareva essersi fermata all’età della pietra quando, nel Medioevo, vi giunsero gli europei.
La loro cultura è scomparsa, ma ha lasciato non poche vestigia.

Storia
Si stima che prima della colonizzazione spagnola nelle loro caverne vivessero all’incirca 80.000 persone.
Gli ultimi indigeni Guanci vissero fino al 1496.
Il termine spagnolo Guanches sarebbe, secondo Juan Núñez de la Peña, una deformazione da parte degli spagnoli di Guanchinet, un termine indigeno significante “uomo di” (Guan) Tenerife (Chinet). Dunque i Guanci sarebbero propriamente solo gli aborigeni dell’isola di Tenerife, che sembrano avere mantenuto la loro purezza etnica fino alla conquista da parte degli spagnoli. Il termine si sarebbe in seguito esteso all’insieme delle popolazioni indigene di tutto l’arcipelago. A conferma di ciò, gli abitanti dell’isola El Hierro chiamavano sé stessi Bimbaches (Bim-bam-chinech), ossia figli-dei-figli-di-Chinech (ossia Tenerife), sostenendo che erano discendenti degli abitanti di Tenerife.
Tenerife, in particolare la Grotta dei Guanci a Icod de los Vinos, ha fornito le più antiche cronologie delle Isole Canarie risalenti al III secolo a. C.

Antichità
I Guanci, che sono scomparsi in quanto popolo, appaiono dall’esame delle loro ossa molto simili all’uomo di Cro-Magnon; erano una popolazione europoide descritta dai primi europei entrati in contatto con loro come razzialmente eterogenea, nella quale non erano rari i tipi di aspetto nordico (carnagione chiara e capelli biondi). Secondo alcuni studiosi (ad esempio Raffaello Parenti), è probabile che costituissero un ramo dei cro-magnon, affine ai Berberi, che agli inizi della storia popolarono il nord del continente africano dall’Egitto fino all’Oceano Atlantico. Ci sono in effetti alcuni indizi che indicano che a Tenerife e a Gran Canaria si parlasse un idioma affine alle lingue berbere, come si deduce dalle poche tracce di lessico che ci sono pervenute, come i numerali: Boccaccio, nel “De Canaria” (1342) riporta per i numerali: 1 uait, 2 smetti, 3 amelotti, 4 acodetti, 5 simusetti, 6 sesetti, 7 satti, 8 tamatti, 9 aldamorana, 10 maraua, 11 uait maraua, 12 smatta maraua, 13 amierat maraua, 14 acodat maraua, 15 simusat maraua, 16 sesatti maraua.
Plinio il Vecchio riferisce che, secondo Giuba, re di Mauretania, i Cartaginesi avrebbero visitato l’arcipelago sotto la direzione di Annone e lo avrebbero trovato privo di abitanti, ma vi avrebbero anche scorto i resti di edifici imponenti. Se ne potrebbe dedurre che i Guanci non siano stati i suoi primi abitanti. L’assenza di qualsivoglia traccia di una penetrazione dell’Islam tra le popolazioni che vi risiedevano al momento dell’arrivo degli europei, ha lasciato credere ad alcuni studiosi che si tratti allora della più antica migrazione di Berberi verso ovest, avvenuta tra l’epoca di Plinio il Vecchio e la conquista del Nordafrica da parte degli Arabi.
Molti Guanci persero la vita combattendo contro la conquista spagnola, molti altri furono venduti come schiavi, molti altri ancora abbracciarono la religione cattolica e si fusero con matrimoni ai conquistatori.
La riscoperta europea e la conquista castigliana
Nonostante le conoscenze risalenti all’antichità classica, per la maggior parte del Medio Evo l’arcipelago delle Canarie rimase tagliato fuori dalle rotte marittime ed in Europa se ne conservò a malapena un ricordo quasi mitico. Fu solo verso la fine del XIII secolo che ricominciarono i viaggi sulla costa nordovest dell’Africa, che condussero alla “riscoperta” delle isole.
Si sa per certo che dal 1291 cominciarono a raggiungere l’arcipelago diverse spedizioni genovesi e, più tardi anche aragonesi, baleari e portoghesi. Nel 1341 una spedizione portoghese capitanata dal genovese Nicoloso da Recco e dal fiorentino Angelino Corbizzi esplorò tutto l’arcipelago. Di questa spedizione ci parla Giovanni Boccaccio nel suo De canaria et insulis reliquis ultra Hispaniam noviter repertis, dove si sofferma a parlare diffusamente della popolazione Guanci della Gran Canaria, di cui riporta usi e costumi e anche i numeri da 1 a 16.
Dal momento che le popolazioni indigene non producevano nulla che permettesse un commercio lucrativo, le spedizioni puntavano soprattutto a catturare dei Guanci, destinati a essere venduti come schiavi, e, probabilmente, anche ad acquisire dell’estratto di Dracaena draco, conosciuto come sangue di drago, un pregiato colorante rosso.
Tuttavia si pose subito il problema del possesso coloniale delle nuove terre. Nel 1344, ad Avignone, papa Clemente VI elesse principe delle isole Fortunate don Luiz de la Cerda, cugino del re portoghese Alfonso IV. A partire dalla fine del XIV secolo furono i portoghesi che si sforzarono di più per ottenere la sovranità sulle isole, scontrandosi con le medesime intenzioni da parte della Castiglia.
Jean de Béthencourt, re delle Canarie
Una volta conosciuta l’esistenza delle isole Canarie e il fatto che le sue popolazioni non erano cristiane, crebbe in Europa lo zelo di chi mirava a conquistarle e a cristianizzarle. Tra gli avventurieri che tentarono la conquista delle Canarie, vi fu il nobile normanno Jean de Béthencourt, che organizzò la prima grande spedizione di conquista.
Era costituita da una varietà di avventurieri, alcuni provenienti dall’aristocrazia, come Gadifer de la Salle, che esercitò le funzioni di comandante in seconda, e Pierre Bontier, un francescano di Saint Jouin de Marnes, che poi officiò a Lanzarote nella chiesa di Saint Martial de Rubicon che sarebbe stata costruita dalla spedizione, e Jean le Verrier, un sacerdote che si sarebbe poi installato a Fuerteventura come vicario della cappella di Nostra Signora di Béthencourt, costruita anch’essa nel corso della spedizione. Questi ecclesiastici furono anche gli storici della spedizione e registrarono gli avvenimenti in testi che sopravvivono ancor oggi e che, con modifiche e aggiunte, costituiscono la cronaca medievale Le Canarien (pubblicata in varie lingue).
La spedizione partì il 1º maggio 1402 dal porto di La Rochelle, con scali a La Coruña e Cadice. La spedizione arrivò alle isole dirigendosi all’isola La Graciosa. Da qui si portò a Lanzarote dove sbarcò pacificamente il 30 giugno 1402, cominciando la costruzione di un forte cui diede il nome di Rubicon.
Lasciando a una parte della spedizione l’incarico di difendere il nuovo forte, Bethencourt partì con Gadifer de la Salle diretto a Fuerteventura, ma fu obbligato a ritornare per vari motivi tra cui una mareggiata e la mancanza di viveri. Per la verità, a questi motivi si aggiungeva anche un’insubordinazione, una costante per tutta la permanenza alle Canarie, che raggiunse il culmine il 25 novembre 1402, quando una parte della spedizione si ribellò prendendo come ostaggio Guardarifa, il re guance di Lanzarote, che era alleato di Bethencourt.
Alla spedizione si unirono navi provenienti dalla Castiglia, dopo che Béthencourt fu tornato a Cadice per sollecitare un appoggio reale e dopo che gli venne concessa, il 10 gennaio 1403, la sovranità sulle isole (per cui era passato a chiamarsi Re delle Canarie). Béthencourt visiterà tutte le isole, ma senza riuscire a sottomettere la loro popolazione (gli ultimi Guanci si arrenderanno solo nel 1496).
La conquista castigliana e il genocidio dei Guanci
Al momento dell’inizio della conquista castigliana, si calcola che vi fossero tra 30.000 e 35.000 Guanci a Tenerife e tra 30.000 e 40.000 a Gran Canaria, una popolazione piuttosto ragguardevole tenuto conto delle caratteristiche del territorio.
Risolte le questioni di concorrenza con il Portogallo, le Canarie finirono senza problemi nell’orbita della Castiglia, che assumeva su di sé il compito di cristianizzare le isole. A partire dai due punti già acquisiti da Jean de Béthencourt, la conquista delle Canarie proseguì rapidamente, senza che ciò significasse la sottomissione delle popolazioni guance, in particolare nelle isole maggiori.
Privi di imbarcazioni e di capacità bellica adeguata, dal momento che usavano pietre e bastoni contro forze che disponevano della migliore tecnologia europea, i Guanci furono costretti a ritirarsi sempre più verso le zone più alte e accidentate delle isole, lasciando il litorale aperto alla colonizzazione castigliana. Le popolazioni che si sottomettevano venivano battezzate e assimilate a forza.
Un altro grave problema che afflisse i Guanci fu la loro mancanza di difese immunitarie contro le malattie che venivano portate dai colonizzatori. Le epidemie si susseguivano a ripetizione, provocando perdite irreparabili tra le file della popolazione, dal momento che il lungo isolamento nelle isole aveva lasciato i Guanci con un sistema immunitario impreparato nei confronti delle più comuni malattie europee.
La resistenza guanche finì per concentrarsi a Tenerife e Gran Canaria, dove la popolazione era più numerosa, e si concluse solo con lo sterminio delle ultime forze rifugiate nelle montagne. In questo contesto assunse particolare rilievo la resistenza a Gran Canaria, dove la lotta condotta sotto il comando di Doramas, un capo guance di origine plebea, costituì l’ultimo grande focolaio di ribellione.
A partire dalla sconfitta di Doramas e dello sterminio dei resistenti a Orotava, la sottomissione fu inevitabile, e alcuni degli ultimi resistenti commisero un suicidio rituale, gettandosi dai dirupi.
A partire da questo momento, i guanci vennero rapidamente assimilati, visto che, dopo la guerra e le malattie, la popolazione restante non poteva impedire una rapida commistione. Già a metà del XVI secolo la memoria dei Guanci cominciava a sparire. Il genocidio era stato consumato.
Oggi ben poco resta dei Guanci, anche se il nazionalismo canario tenta con tutte le forze di farne rivivere la memoria. Perfino lo studio delle loro mummie e dei loro resti archeologici è avanzato poco al confronto dello studio di altri popoli assai più remoti.
Lingua
Sono state tramandate delle testimonianze della lingua dei Guanci, alcune espressioni e i nomi propri dei loro capi, che sopravvivono ancora nei cognomi locali. Queste testimonianze consentono di essere analizzate come appartenenti a dialetti berberi. Nella maggior parte delle isole sono state ritrovate delle iscrizioni rupestri. Domingo Vandewalle, governatore militare di La Palma, fu il primo a riconoscerle nel 1752. Si deve alla perseveranza di un sacerdote di La Palma, don Aquilino Padran, se alcune sono state identificate nell’isola di Hierro. Nel 1878 il dott. R. Verneau scoprì delle iscrizioni di tipo libico originale nei dirupi di Los Balos. Queste iscrizioni rupestri sono tutte, senza eccezioni, di origine numidica. Nelle due isole di Tenerife e di la Gomera, dove i Guanci hanno conservato una omogeneità etnica maggiore che nelle altre isole, non è stata scoperta nemmeno una iscrizione di questo tipo. Si pensa quindi che i veri Guanci non conoscessero la scrittura. Tracce di presenza semitica sono state individuate sulle altre isole, e in ciascuna di esse vi sono anche delle iscrizioni rupestri. Un’ipotesi plausibile consiste dunque nell’immaginare che dei Numidi delle zone vicine a Cartagine, frammisti ai Semiti prevalenti in quella colonia fenicia, siano giunti nelle isole Canarie e siano gli autori delle iscrizioni rupestri di Hierro e di Gran Canaria.
Il maggiore studio dedicato alla lingua antica delle Canarie è quello che D. J. Wölfel ha scritto nel 1965, raccogliendo in un ponderoso volume dal titolo Monumenta linguae Canariae tutte le testimonianze accessibili su questa lingua, con tentativi di etimologie e ricostruzioni, basate soprattutto sui legami tra questa lingua e il berbero. In epoche più recenti, lo studioso russo A. Militariof ha pubblicato altri studi in cui cerca di evidenziare supposti rapporti tra la lingua dei Guanci e i dialetti tuareg del nord.
Una caratteristica interessante degli abitanti delle Canarie è quella di avere elaborato un sistema di linguaggio fischiato, detto el silbo, che permette di comunicare a grande distanza tra pastori, anche da versanti opposti di una vallata. Tale linguaggio è ancora in uso soprattutto nell’isola di La Gomera, e diversi ricercatori hanno condotto studi su di esso.
Toponimi guanci
Tenerife: Achinech, Achineche o Asensen
La Gomera: Gomera
La Palma: Benahoare
El Hierro: Esero o Hero
Gran Canaria: Canaria o Tamerán (secondo recenti teorie questo nome potrebbe indicare solo una parte dell’isola)
Lanzarote: Titerogaka
Fuerteventura: Erbania o Erbani

Organizzazione sociale e politica
L’organizzazione sociale e politica dei Guanci era diversa da un’isola all’altra. Alcune erano sottomesse a un’autocrazia ereditaria, mentre in altre le autorità venivano elette. A Tenerife, tutte le terre appartenevano ai capi, che le affittavano ai loro sudditi. Sull’isola di Gran Canaria, il suicidio era considerato onorevole e in occasione dell’instaurazione di un nuovo capo, uno dei suoi sudditi lo onorava volontariamente gettandosi da un dirupo. Su alcune isole era praticata la poliandria e su altre la monogamia. Comunque sia, dovunque le donne erano rispettate e ogni danno inferto a una donna da un uomo armato era punito come reato.
Modo di vita
I Guanci indossavano vestiti di pelle di capra o di fibre tessili, che sono stati ritrovati nelle tombe sulla Gran Canaria. Apprezzavano i gioielli, le collane di legno, pietra o conchiglia, fabbricate secondo vari modelli. Utilizzavano soprattutto perle di ceramica di varie fogge, lisce o levigate, di solito nere e rosse. Si dipingevano il corpo. Le pintaderas, oggetti di terracotta dall’aspetto di veri e propri stampi, sembra servissero unicamente alla pittura corporea, in vari colori. Fabbricavano rozzo vasellame, solitamente senza alcuna decorazione, ma qualche volta con abbellimenti prodotti con le unghie. Le armi dei Guanci erano le stesse dei popoli antichi del sud dell’Europa. Si utilizzava soprattutto l’ascia in pietra levigata sulla Gran Canaria, e più spesso l’ascia di pietra o di ossidiana scheggiata a Tenerife. Usavano anche la lancia, la mazza, qualche volta guarnita di punte di pietra, oltre al giavellotto. Sembra che conoscessero anche lo scudo.
Abitavano dentro a caverne naturali o artificiali, situate nelle parti montuose. Nelle zone in cui non era possibile scavare delle grotte costruivano delle capanne rotonde. Giovanni Boccaccio parla di case costruite in pietre squadrate e coperte di legno. A quanto dicono gli Spagnoli, possedevano anche delle rudimentali fortificazioni.

Alimentazione
Un cibo tipico degli abitanti delle Canarie, tuttora molto diffuso e considerato una specialità locale è il gofio, vale a dire una farina fatta con i chicchi d’orzo colti ancora verdi e abbrustoliti (oltre al gofio di orzo, cebada, oggi ve n’è anche di frumento trigo, di mais millo, di segale centeno, o di più ingredienti miscelati). Si tratta di una ben precisa tecnica di preparazione della farina, previa tostatura del chicco che, ancora verde, non potrebbe essere macinato, e che è diffusa, con vari nomi, in tutto il Nordafrica: tazemmit, ademmin, zummita, bsisa, arkuku, bufey, ecc. C’è chi ha visto soprattutto in quest’ultima denominazione, attestata nel sud del Marocco, una possibile parentela con il termine guanche.
Questo prodotto, nato probabilmente dalla necessità di cogliere precocemente la pianta per esaurimento delle scorte, è tuttora alla base di numerose ricette tradizionali, e ha lo statuto di “prodotto tipico di qualità” cui sono dedicati persino siti internet. Sulla scia degli emigranti esso è giunto in America e si può trovare fin nei supermercati di Miami.
Riti funerari
I Guanci imbalsamavano i loro morti, e sono state rinvenute molte mummie completamente disidratate, dal peso non superiore ai 3 o 4 kg. Due grotte quasi inaccessibili aperte in una parete rocciosa verticale vicino alla costa a 5 km da Santa Cruz (Tenerife) conterrebbero ancora resti ossei. Esistevano diverse procedure di imbalsamazione. A Tenerife e Gran Canaria il cadavere era semplicemente svuotato degli organi interni, lasciato essiccare al sole e avvolto in pelli di capra o di pecora, mentre su altre isole si faceva uso di un prodotto resinoso per conservare il corpo, che in seguito veniva collocato in una caverna di difficile accesso, o sepolto sotto un tumulo.
Il lavoro di imbalsamazione era riservato a una classe particolare, donne per le donne e uomini per gli uomini. L’imbalsamazione non sembra fosse praticata sistematicamente, e non mancano esempi di cadaveri semplicemente collocati in grotte o inumati.
Sull’isola di La Palma i vecchi venivano abbandonati soli per lasciarli morire, se lo desideravano. Dopo aver fatto i loro addii a parenti e amici, venivano condotti in una caverna sepolcrale senza nient’altro che una scodella di latte.

Religione
Non si conosce molto sulle religioni dei Guanci. Essi professavano una credenza generalizzata in un essere supremo, denominato Achamán a Tenerife, Acoran a Gran Canaria, Eraoranhan a Hierro e Abora a La Palma. Le donne di Hierro adoravano una dea di nome Moneiba. Tradizionalmente, gli dei e le dee vivevano sulle cime delle montagne da cui discendevano per ascoltare le preghiere dei fedeli. Nelle altre isole, gli abitanti veneravano il Sole, la Luna, la Terra e le stelle. La credenza in esseri demoniaci era generale. Il demone di Tenerife si chiamava Guayota e viveva in cima al vulcano Teide, che era l’inferno, chiamato Echeyde. In tempi difficili, i Guanci conducevano le loro greggi in pascoli consacrati dove gli agnelli venivano separati dalle madri nella speranza che i loro belati lamentosi attirassero la pietà del Grande Spirito. Durante le feste religiose venivano sospese tutte le guerre e perfino tutte le dispute personali. Guañameñe fu, secondo la mitologia, colui che profetizzò l’arrivo dei conquistatori.
Magec (il Sole) probabilmente sta all’origine del termine dispregiativo “mago” con cui i coloni castigliani chiamavano gli agricoltori di origine guance a Tenerife dopo la conquista, dal momento che essi si rivolgevano a Magec per ottenere buoni raccolti. Adoravano anche Achamán (sinonimo di celeste), una divinità buona che, con la sua benevolenza, assicurava una buona fortuna. Come divinità maligna avevano, come detto, Guayota. Esistevano numerose divinità di minore importanza e altre entità spirituali, come spiriti degli antenati, demoni e geni. La dea madre era Chaxiraxi.
A El Hierro vi erano due divinità buone principali: Eraorahan (un dio) e Moneiba (una dea). In tempi di calamità si rivolgevano ad Aranfaybo, una divinità maligna, dalla quale invocavano misericordia.
A Gomera adoravano Orahan, un dio creatore, e Hirguan, una divinità malefica con aspetto di uomo con la coda.
A La Palma credevano in Abora, divinità solare, e in una divinità maligna con le sembianze di un cane peloso. Deponevano anche offerte su di una roccia chiamata Idafe, perché non cadesse e non provocasse, con ciò, la fine del mondo.
A Gran Canaria la divinità suprema era denominata Acoran, ma esistevano numerose divinità di minore importanza e altre entità spirituali, come spiriti degli antenati, demoni e geni.
A Fuerteventura adoravano il monte Tindaya, dove deponevano offerte. In questa montagna si incontrano numerose pitture rupestri.
Vi è ora una religione neo-pagana che cerca di ripristinare questa antica religione aborigena, si parla di Chiesa del Popolo Guanche.
Interazione con il cristianesimo
Nel 2019 una croce cristiana fu trovata incisa nella roccia e orientata verso il sole, in un sito di Guanche nel comune di Buenavista del Norte nel nord-ovest di Tenerife. Nello specifico, questo simbolo è stato trovato in un megalite utilizzato per i rituali di fecondità e come calendario solare. Questa scoperta evidenzia la presunta conoscenza che le antiche Canarie avevano di Cristianesimo.
Riti e celebrazioni
Tra i guanci, il mese di agosto ha ricevuto in nome di Beñesmer o Beñesmen, che è stato anche il festival di raccolta tenuto questo mese.
Genetica
Recenti studi genetici hanno rivelato gli aplogruppi Y-DNA portati dai Guanci.
Nel 2009 una squadra di ricercatori capeggiata da Rosa Fregel ha analizzato 30 campioni di Guanci sparsi in tutte le Isole Canarie e risalenti al XVII e XVIII secolo, rivelando che la metà di essi portava l’aplogruppo E1b1b, di cui il 27% E-M81 (associato alle popolazioni berbere) e il 23% E-M78 (che comprende anche i cladi attualmente diffusi in Europa). Altri aplogruppi furono J1 (17%), K (10%) e R1b-M269 (10%, tipicamente europeo).
Nel 2016 un’altra squadra di ricercatori capeggiata da Ordóñez ha analizzato 15 scheletri maschili di Guanci originari dell’isola occidentale di El Hierro e risalenti al XI e XII secolo. Sette campioni risultarono E-M81, altri sette R1b-M269 e uno risultò E1a (associato agli africani subsahariani).
Guanci e portoricani
Un gruppo di studenti delle università portoricane ha condotto uno studio sul DNA mitocondriale che ha rivelato che la popolazione attuale di Porto Rico ha un’elevata componente simile a quelle degli aborigeni Guanci, in particolare dell’isola di Tenerife.
Collegamenti con l’Anatolia
Secondo un’inchiesta internazionale i cui risultati sono stati forniti nel 2017, una piccola parte degli aborigeni Guanci aveva come parenti i primi agricoltori europei provenienti dall’Anatolia (Turchia attuale). Questi dati sono stati scoperti grazie all’analisi del genoma che conferma anche che la stragrande maggioranza degli aborigeni canari provengono dall’Africa settentrionale, ma sono stati anche connessi ai primi agricoltori europei, la cui genetica è stata introdotta in Europa da Anatolia attraverso le migrazioni degli agricoltori durante l’espansione neolitica, circa 7.000 anni fa.