Con il sostantivo maschile sanscrito yoga (devanāgarī: योग, adattato anche in ioga) nella terminologia delle religioni originarie dell’India, si indicano le pratiche ascetiche e meditative. Non specifico di alcuna particolare tradizione hindu, lo Yoga è stato principalmente inteso come mezzo di realizzazione e salvezza spirituale, quindi variamente interpretato e disciplinato a seconda della scuola.
Tale termine sanscrito, con significato analogo, viene utilizzato anche in ambito buddhista e giainista. Come termine collegato alle darśana, yoga-darśana, dottrina dello yoga, rappresenta una delle sei darśana, ovvero uno dei “sistemi ortodossi della filosofia religiosa” hindu. In epoca molto più recente, si è cercato di diffondere lo Yoga anche nel mondo occidentale.

Origine e significato del termine
Molti studiosi, tra i quali il rumeno Mircea Eliade (1907 – 1986), storico delle religioni, riferiscono il termine yoga alla radice yuj- con il significato di “unire”, da cui anche il latino iungere e iugum, il germanico joch, eccetera. Da questa radice verbale derivano altri termini sanscriti quali: yuj (verbo) con il significato di “unire” o “legare”, “aggiogare”; yúj (aggettivo) “aggiogato”, “unito a”, “trainato da”; yugá (sostantivo) ossia il giogo che si fissa sul collo dei buoi per attaccarli all’aratro.
Il termine yugà si riscontra già nel più antico dei Veda, il Ṛgveda, con il significato di “giogo”. Ananda Coomaraswamy (1877 – 1947), storico dell’arte cingalese, ricorda in tal senso il brano del Ṛgveda dove viene indicato che l’uomo deve:
«aggiogare se stesso come un cavallo disposto ad obbedire» |
(Ṛgveda Saṃhitā, V.46.1, citato in Ananda Kentish Coomaraswamy, Induismo e Buddhismo, Milano, Rusconi, 1973, p. 76) |
In tale accezione, il termine è chiaramente adoperato anche nello Śatapatha Brāhmaṇa (X secolo ca. a.e.v.)
Da qui il significato, posteriore, di yoga come insieme di tecniche anche meditative aventi come scopo l'”unione” con la realtà ultima e tesa ad “aggiogare”, “controllare”, “governare” i “sensi” (indriya) e i vissuti da parte della coscienza. L’evoluzione appare evidente in questo passo della successiva Kaṭha Upaniṣad:
«I sensi sono i cavalli, gli oggetti dei sensi sono quelli che vi corrono dietro.» |
(Kaṭha Upaniṣad, III.4; citato in Dasgupta 2005, p. 44) |
Nella sua accezione religiosa e filosofico religiosa, il termine sanscrito yoga è così reso nelle altre lingue asiatiche:
- in cinese 瑜伽 yúqié, yújiā;
- in giapponese 瑜伽 yuga;
- in coreano 요가 yoga;
- in vietnamita Du-già;
- in tibetano ཡོ་ག་ sbyor ba;
- in thailandese โยคะ yokha.

Uso contemporaneo
Nel linguaggio corrente con “yoga” si intende il più delle volte un variegato insieme di attività che spesso poco hanno a che fare con lo Yoga tradizionale, attività che comprendono ginnastiche del corpo e della respirazione, discipline psicofisiche finalizzate alla meditazione o al rilassamento, tecniche miste che unirebbero lo Yoga con tradizioni lontane, eccetera. Si è dunque assistito a tutto un proliferare di pseudo branche dello Yoga e di maestri proclamatisi tali senza l’appartenenza a un lignaggio:
«Ciò che contraddistingue lo Yoga non è solamente il suo aspetto pratico, ma anche la sua natura iniziatica. Non si può imparare lo Yoga da soli; è indispensabile la direzione di un maestro (guru).» |
(Mircea Eliade, in Eliade 2010, p. 21) |
In senso ampio, lo Yoga, è una via di realizzazione spirituale che si fonda su una sua propria filosofia, un percorso che diviene via via più totalizzante, non un qualcosa al quale ci si può riferire con espressioni come “fare un po’ di yoga”:
«Senza dubbio la pratica disciplinata costituisce una delle caratteristiche peculiari dello Yoga in quanto sistema, ma, come sarà più oltre chiaro, lo Yoga possiede una sua visione su molti altri argomenti come la psicologia, l’etica e la teologia. (Surendranath Dasgupta, in Dasgupta 2005, p. 5) |